Le attività sociali, produttive e ricreative,principalmente in ambito urbano, richiedono ed utilizzano una grande quantità di acqua. La conseguenza diretta dell’utilizzo dell’acqua è la produzione di scarichi che, per poter essere restituiti all’ambiente, devono necessariamente essere sottoposti ad un trattamento depurativo. Le acque reflue urbane, che in passato contenevano quasi esclusivamente sostanze biodegradabili, presentano attualmente maggiori problemi di smaltimento a causa della presenza sempre più ampia di composti chimici di origine sintetica, impiegati prevalentemente nel settore industriale. Il mare, i fiumi ed i laghi non sono in grado di ricevere una quantità di sostanze inquinanti superiore alla propria capacità autodepurativa senza vedere compromessa la qualità delle proprie acque ed i normali equilibri dell’ecosistema. E’ evidente quindi la necessità di depurare le acque reflue attraverso sistemi di trattamento che imitino i processi biologici che avvengono naturalmente nei corpi idrici (la depurazione risulta però molto più veloce negli impianti rispetto ai corsi d’acqua, grazie alla tecnologia ed all’energia impiegata). Il trattamento del refluo è tanto più spinto quanto più i corpi idrici recettori (mari, fiumi, laghi, etc.) risultano a rischio di inquinamento permanente.
La normativa italiana in materia di acque predispone, con il D.Lgs. 11 maggio 1999, n.152 e s.m.i., un completo programma di tutela dei corpi idrici dall’inquinamento. Il decreto recepisce, tra l’altro, la direttiva comunitaria 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane, che costituisce in quest’ambito la norma di riferimento per gli Stati membri della UE. Oltre a disciplinare gli scarichi mantenendo, almeno in una prima fase transitoria, valori limite di concentrazione per le varie sostanze contenute nelle acque reflue, il decreto concentra l’attenzione sulla qualità del corpo idrico recettore prevedendo lo sviluppo di attività di monitoraggio per la quantificazione del danno ambientale esercitato dall’uomo ed offrendo le basi per la ricerca di sistemi di depurazione “appropriati” in base a specifici obiettivi di qualità delle acque naturali.
L’entrata in vigore del D.M. del 18 settembre 2002, n. 198 “Modalità di attuazione sullo stato di qualità delle acque, ai sensi dell’art. 3, comma 7, del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152” che prevede che vengano trasmessi ad APAT dalle Regioni e Province Autonome i dati conoscitivi, le informazioni e relazioni sullo stato di qualità delle acque, secondo le modalità e gli standard informativi specificati dal Decreto entro e non oltre le scadenze temporali previste dal decreto, consentirà di superare la carenza di informazioni attualmente disponibili in materia.
In particolare, le informazioni relative alle pressioni riguardano i Settori 2 (Disciplina degli scarichi) e 3 del Decreto (Protezione delle acque dall’inquinamento da nitrati provenienti da fonti agricole).
Processi di base
La depurazione attraverso trattamenti biologici sfrutta tecnologie basate essenzialmente su fenomeni naturali fatti svolgere in ambienti creati artificialmente, in modo che i parametri che regolano tali processi possano essere controllati in maniera ottimale. La depurazione biologica è un processo che ha come principali protagonisti comunità di organismi viventi. Sia in ambiente naturale (autodepurazione) che artificiale (impianto di trattamento), l’azione di popolazioni microbiche diverse e in cooperazione tra loro porta alla degradazione delle sostanze inquinanti presenti nelle acque, attraverso processi di mineralizzazione e di raccolta in un materiale semisolido (fango) che in seguito può essere separato dalle acque per sedimentazione. La comunità di microrganismi, utile al processo di depurazione, è costituita principalmente da batteri e da una variegata microfauna, che in parte sono già presenti nel liquame da trattare, in parte provengono dall’ambiente circostante. Lo sviluppo e la crescita di questa comunità biologica sono determinati dalla sostanza organica contenuta nel liquame da depurare; si forma quindi una catena alimentare del detrito, all’interno di quello che è definibile come un ecosistema artificiale.
Un obiettivo: il riuso
A prescindere dalla necessità dei processi depurativi dal punto di vista dell’impatto ambientale, una corretta gestione del ciclo dell’acqua prevede l’applicazione delle conoscenze tecnologiche esistenti per il conseguimento di obiettivi socialmente ed economicamente utili, quali la tutela dei corpi idrici superficiali e sotterranei e la corretta gestione della risorsa acqua.
Il riutilizzo delle acque reflue depurate può essere considerato un espediente innovativo ed alternativo nell’ambito di un uso più razionale della risorsa idrica. Il vantaggio economico del riutilizzo risiede nel fornire alla comunità un approvvigionamento idrico, almeno per alcuni usi per i quali non si richieda acqua di elevata qualità, a costi più bassi, poiché il riciclo costa meno dello smaltimento.
Un notevole passo avanti è stato fatto con la pubblicazione del Decreto del 12 giugno 2003, n. 185 “Regolamento recante norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue in attuazione dell’articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152” per la depurazione e la distribuzione delle acque reflue al fine del loro recupero e riutilizzo in campo domestico industriale e urbano. Il decreto stabilisce le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue domestiche, urbane ed industriali attraverso la regolamentazione delle destinazioni d’uso e dei relativi requisiti di qualità, ai fini della tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche, limitando il prelievo delle acque superficiali e sotterranee, riducendo l’impatto degli scarichi sui corpi idrici recettori e favorendo il risparmio idrico mediante l’utilizzo multiplo delle acque reflue.
In particolare, il provvedimento indica tre possibilità di riutilizzo di queste acque recuperate: in campo agricolo per l’irrigazione, in campo civile per il lavaggio delle strade, per l’alimentazione dei sistemi di riscaldamento e raffreddamento e per l’alimentazione delle reti duali di adduzione, in campo industriale per la disponibilità dell’acqua antincendio e per i lavaggi dei cicli termici.
Per poter riutilizzare l’acqua per uno qualsiasi di questi scopi, si deve comunque raggiungere un certo grado di qualità, soprattutto igienico-sanitaria. I trattamenti di tipo convenzionale non sono quasi mai sufficienti e quindi la tecnologia si sta orientando verso la messa a punto di nuovi sistemi alternativi di trattamento terziario e di disinfezione, finalizzati all’ottenimento di un elevato grado di qualità dell’acqua, attraverso l’abbattimento della carica microbica, dei nutrienti e delle sostanze tossiche.
Nello scenario dei vantaggi e delle prospettive future che può offrire il riciclo delle acque usate, si collocano pertanto nuove tecnologie che cercano di ottenere processi efficienti a garanzia di un approvvigionamento di acqua depurata a costi contenuti.
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